Smile, recensione: il film horror più sorprendente dell’anno

Attingendo allo sconcertante disagio della sua premessa centrale, Sorriso è un sorprendente debutto horror che suscita profondi sentimenti di panico.
Combinando elementi horror psicologici e soprannaturali per creare un’esperienza visiva snervante e snervante, il primo lungometraggio di Parker Finn è una sorprendente dimostrazione di moderazione, perizia e abilità nel realizzare un film. Non privilegia mai il terrore superficiale alla logica della sua storia, il che lo rende anche insolitamente coerente come film dell’orrore con una metafora al centro.
La dottoressa Rose Cotter (Sosie Bacon) è una psicologa il cui compito è calmare le menti dei malati, degli psicotici e persino degli allucinatori. Poi, un’interazione inquietante e violenta con uno dei suoi pazienti la lascia di fronte alla propria psiche fratturata.
Potrebbe essere un disturbo da stress post-traumatico, potrebbe essere soprannaturale, ma la paura è al centro Sorriso nasce dalla macchia maligna del trauma come una sorta di contagio, impossibile da scrollarsi di dosso una volta vissuto e assistito. In questo caso, è avvolto nella storia di un esagono, ma non ci vuole molto per capire la connessione.
Sosie Bacon, figlia di Kevin, è eccellente, assolutamente convincente come donna sensibile anche se stressata i cui nervi iniziano improvvisamente a tradirla.

Nel suo tentativo di capire i pezzi del puzzle di questo scenario da incubo, si unisce a un detective (Kyle Gallner) con il quale condivide una storia sorprendente.
Finn ha detto che voleva che Smile si sentisse come un “attacco di panico sostenuto”, e sicuramente ci riesce su questo fronte: il sound design e il paesaggio sonoro del film aiutano, con una colonna sonora barcollante e inquietante e un senso onnicomprensivo di paranoia pruriginosa, a procedimento.
C’è una vera intelligenza nell’uso da parte del film di un gesto umano fondamentale: quello reso grottescamente distintivo dalla forma del sorriso rictus, una sorta di rabbia involontaria nascosta da una maschera poco convincente.
Il terrore che provoca coglie ogni elemento della vita di Rose, dalle sue relazioni familiari agli incontri sociali casuali. Quell’ansia rosicchiante e accresciuta è aiutata dalla fotografia grandangolare in agguato di Finn, che raramente vede l’attore protagonista fuori dall’inquadratura.
Gli spaventosi salti sono frequenti e talvolta degni di strillo e, combinati con effetti per lo più pratici, conferiscono al film una sensazione più tattile rispetto a molti dei suoi contemporanei più carichi di effetti visivi. Anche se Smile non rompe sempre gli schemi, è uno dei film horror più efficaci e sorprendenti che abbia visto quest’anno.